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Il denso volume su Engels curato da Terrell Carver (University of Bristol) e Smail Rapic (Bergische Universität Wuppertal) - pubblicato in occasione delle celebrazioni per il bicentenario engelsiano (p.1) - è strutturato in cinque sezioni che riguardano epistemologia e filosofia della natura, economia politica, condizioni della classe lavoratrice, la teoria del potere e i rapporti tra Engels e la letteratura. I diciannove contributi che costituiscono il libro provengono dalle relazioni tenute durante il convegno internazionale per il bicentenario tenutosi dal 19 al 21 Febbraio 2020 all'Università di Wuppertal. Ad aprire la prima sezione del volume è il saggio di Sean Sayers (Engels e la dialettica della natura, pp. 33-52) che si sofferma in un primo momento nell'elencare le false accuse che negli anni sono state rivolte ad Engels, cioè di essere stato un incolto e un ignorante, di aver diffuso una forma di materialismo rozzamente positivista e meccanicista, di avere formulato l'errata concezione di natura dialettica. Sayers fa notare che l'idea della dialettica della natura ha la sua fonte moderna in Hegel, e si basa sull'idea che ogni cosa subisce dei cambiamenti e alla base di questi cambiamenti ci sono delle contraddizioni insite nelle cose stesse (p. 34). Hegel intendeva le contraddizioni sul piano logico-metafisico, applicandole alle cose concrete nella natura, nella società e nel pensiero. Questa filosofia è stata ripresa e adattata da Marx ed Engels, e nella divisione del lavoro esistente tra loro due, quest'ultimo ebbe il compito di elaborare la parte sulla natura, cosa che egli fece nell'Anti- Dühring, nel Ludwig Feuerbach e negli appunti (incompleti) di studio sulle scienze naturali apparsi col nome editoriale di Dialettica della natura (Ivi). Questa idea dell'esistenza di processi dialettici in natura è stata presa di mira successivamente e Engels è stato molto criticato, come se fosse stato l'unico sostenitore di questa concezione. Questa idea porterebbe con sé l'errore di attribuire le contraddizioni logiche alle cose, quando queste contraddizioni possono essere solo nell'uomo, nel suo pensiero e nella sua attività. Inoltre nella natura ci sarebbero solo opposizioni reali, non contraddizioni, in quanto le cose della natura sono interamente distinte e separate l'una dall'altra, quindi si realizzano solo opposizioni esclusive, non inclusive, in cui gli estremi delle cose, A e B, non trovano mediazione (Sayers indica che a sostenere questo tipo di critica furono, con varie sfumature: Dühring, Richard Norman, Lucio Colletti, Sartre, Lukács, Alfred Schmidt). Al fondo di questa critica rivolta nei confronti di Engels sta un'immagine puramente meccanica del mondo naturale, per cui le cose naturali sarebbero distinte e separate le une dalle altre, e poste in una relazione unicamente 'esterna'. In sostanza, affermare che la contraddizione non possa essere un elemento intrinseco della natura, significa dare per vera la tesi meccanicista, basata sulla prima legge del moto di Newton, che vede gli elementi come fondamentalmente indipendenti tra loro, che stanno in una connessione 'esterna' e non 'unitaria', una concezione di carattere metafisico, che impone comunque un ordine logico alla materia e che separa l'attività umana come attività distinta radicalmente dall'attività naturale. Sayers ritiene quindi che Engels abbia apportato una innovazione aprendo la strada per una sintesi dialettica e materialistica tra natura e pensiero.
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